Home News Corpus Homini, la nuova opera di Gomez per il progetto ImbrARTiamo di Campobasso

Corpus Homini, la nuova opera di Gomez per il progetto ImbrARTiamo di Campobasso

by Clara Amodeo

Con la nuova opera di Gomez a campeggiare sulle pareti di due case in zona Fontanavecchia, pare proprio che Campobasso sia stata invasa da una seconda ondata barocca, ma questa volta di dimensioni monumentali. Merito di “Corpus Homini”, chiusa in questi giorni proprio da Gomez (al secolo Luis Gomez de Teran) nell’ambito del progetto ImbrARTiamo, Street Art e Misteri curato dai Malatesta Associati: una doppia sventola su due pareti cieche di due case di quattro piani ciascuna, dipinte con due grandi mani inchiodate al muro che a un primo, distratto sguardo potrebbero sembrare quelle di Cristo sulla croce.

Ma aguzzando la vista, e conoscendo un po’ lo stile di Gomez, tutto diventa più chiaro: l’opera, ispirata come il progetto di cui fa parte ai Misteri, la tradizionale festa religiosa di Campobasso, raffigura in realtà un corpo umano crocifisso ma desacralizzato. Ai polsi mostra, attraverso le ferite nella carne, la coesistenza permanente di luce e tenebre, vizio e virtù, dolore e salvezza in un’unica entità, umana e non solo.

Pienamente in stile Gomez, l’opera è intensamente simbolica e si ispira alla pittura Barocca, in particolare alla scuola di Caravaggio (non è un caso, per un artista nato a Caracas e cresciuto tra Londra, Berlino e Roma, dove ora risiede). I suoi temi preferiti sono quelli mitologici, con particolare riferimento airacconti greci e cristiani. Il suo tratto preciso si ispira alla ricerca sul corpo umano sia nei momenti di bellezza sia in quelli più strettamente decadenti e, soprattutto, a ciò che traspare dall’animo umano negli istanti in cui il bene emerge dal male e il male dal bene.

La sua tecnica accurata e attenta ricerca simmetria e luce, avvalendosi sempre dei contrasti e della potente dicotomia tra bellezza e orrore, forza e debolezza, vincitori e vinti, libertà e schiavitù, vita e morte. Per lo più autodidatta (anche sull’uso dei materiali), in quest’opera Gomez ha deciso di scolpire le unghie e le ferite sui polsi della figura nel cemento e nel ferro, redendole così tridimensionali.

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