FUCK WAR: la call for artists di CHEAP porta, finalmente, in strada il tabù della guerra

di Clara Amodeo

Possiamo dirlo? Era ora. Era ora che qualcuno, a 2 anni dall’invasione russa dell’Ucraina e a quasi uno dalla guerra a Gaza (conflitto che, lo ricordiamo, va avanti dal 1948), si facesse carico di riportare l’attenzione artistica, tanto di chi la produce quanto di chi la fruisce, sul tema della guerra. E che lo facesse portando quello che sembra un vero tabù fuori dai salotti e dai soliti circuiti, senza buonismi o mezzi termini, per rimetterlo in strada e con un messaggio molto chiaro: fanculo la guerra, FUCK WAR.

 

Non poteva che essere CHEAP a farlo (e a loro vanno tutti nostri ringraziamenti per un’azione che, dobbiamo dirlo, era necessaria). Nella sua ultima call for artists, infatti, il collettivo ha deciso di richiamare artisti e artiste da tutto il mondo al loro ruolo sociale: disertare, come il collettivo stesso dice, l’immaginario della guerra, sabotare la retorica che la sostiene, contrabbandare ordini simbolici che la delegittimino.

E nei 200 manifesti selezionati e affissi nelle strade di Bologna nei primi giorni di settembre c’è tutto questo: détournement visivo e semiotico, una riappropriazione di spazio pubblico e immaginario, la ricostruzione di una contro narrazione collettiva che individua chiaramente la guerra come diretta conseguenza del capitale, ne riconosce i tratti coloniali, ne denuncia la matrice economica.

Tra mitra che sparano dollari, tank rosa fluo resi innocui come pezzi di modernariato e aquile travestite da colombe, spuntano anche dildi, vibratori e plug: è diffusa l’idea che il sesso consensuale rappresenti ancora la miglior alternativa all’ondata di morte che ogni guerra porta con sé. Fotografia, collage, illustrazione, type digitale e non, AI, tanta grafica. E tanta Palestina.

Era inevitabile che il massacro che si sta compiendo in Palestina fosse al centro del lavoro di moltə dellə artistə che hanno partecipato alla call”, hanno detto dal collettivo. “Non è nemmeno una guerra: quello a cui stiamo assistendo è un genocidio che il sistema dell’informazione – soprattutto in Italia – si sta in larga parte rifiutando di indagare e denunciare. Abbiamo voluto tentare di aprire una  una breccia nella conversazione pubblica surreale che sentiamo attorno a noi su quello che sta succedendo in Palestina, sulla narrazione distorta e surreale che ci arriva dai media main stream, che si stanno producendo in quella che il giornalista Raffaele Oriani ha definito una scorta mediatica”. (PHOTOS Giulia Rosco – CHEAP pres. Call For Artists 2024)

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