Forse tutti lo conoscono per la musica, ma la sua vena artistica nasce con le lettere. Parliamo di Chicoria, sodale di Noyz Narcos e Cole nel collettivo TruceKlan: il suo primo approccio attivo nella cultura Hip Hop, infatti, è nel mondo dei graffiti, dal 1993 membro della crew di writer ZTK, parte del collettivo Rome Zoo. “Sono entrato nel mondo dell’hip hop a 13 anni come graffitaro – ha affermato in un’intervista – e il mio nome da writer era Chico della ZTK. Già all’epoca mi facevo un sacco di canne e visto che mi piaceva molto l’erba la gente è passata a chiamarmi da Chico a Chicoria”.

Oggi e fino al prossimo 5 maggio, alla Gola Gallery di Milano, Chicoria espone nella sua personale “Predazione”, una doppia lettura tra natura e strada In “Predazione” Chicoria mette in scena una riflessione viscerale, quasi brutale, su un istinto che accomuna la natura selvaggia e l’animo umano: la fame. Da una parte, le tele ci mostrano il volto crudo della predazione animale — istintiva, necessaria, regolata da leggi antiche quanto la vita stessa. Predatori e prede si affrontano in un ciclo eterno, senza giudizio, senza morale. Sono natural born killers, creature forgiate dalla selezione naturale, costrette a muoversi secondo una legge inevitabile: chi non caccia, muore. Dall’altra, i testi e i versi di Chicoria portano la stessa fame nel cuore delle strade. Qui, la predazione prende la forma della rivalsa sociale, del desiderio feroce di chi nasce senza niente e rifiuta di restare fermo, invisibile. La fame non è solo fisica: è desiderio di contare, di elevarsi, di conquistare un posto in un mondo che non fa sconti.

Ma proprio come in natura, questa caccia non ha fine. Chi ha fame non si sazia mai. E quando arriva il successo, non lo assapora — lo divora, ne è divorato. È la maledizione del predatore urbano: l’incapacità di fermarsi, di sentirsi arrivato. La lotta per la sopravvivenza diventa un’identità , un destino. Con “Predazione” Chicoria intreccia pittura e parola per mostrare come, dietro ogni atto di conquista, si nasconda un vuoto. E come, in fondo, non siamo poi così diversi dagli animali che osserviamo nei suoi quadri.
