Viaggio nel festival “DeRive – Arte Pubblica nello spazio rurale” assieme a INWARD

di Clara Amodeo

Forse risulterà snob, ma è raro che un festival di Arte Urbana sfugga al mio radar e non sia schedato nel mio data-nerd-base fatto di nomi, luoghi, date e significati. Raro, ma non impossibile. E il festival “DeRive – Arte Pubblica nello spazio rurale” ne è la conferma.

Un mese fa, passando in rassegna tutte le stories dei profili di gente-che-fa-cose nel mondo dell’Arte Urbana, capito su quello di Silvia Scardapane, Operatrice Culturale per la Creatività Urbana INWARD ma anche amica e collega, la quale, senza motivo apparente, dal profondo di Ponticelli (Napoli Est) si sposta letteralmente dall’altra parte dell’Italia. A Rive, per la precisione. Rive? Rive, fino a quel momento ignoto paese in provincia di Vercelli che conta circa 450 abitanti. Incuriosita di quello che era troppo bello per essere un nonsense, scrivo a Silvia, che mi dà qualche sparuta informazione sul luogo in cui si trova, e ci diamo appuntamento per un incontro in paese.

Dopo un viaggio verso zone battute prima solo per raggiungere le mie amate Romentino e Quattordio, e non senza la compagnia dei due prodi compagni di viaggio Alice e Francesco, arrivo, in una giornata calda ma non caldissima, a Rive, che mi accoglie col cartello “Borgo della Street Art”. In effetti, per arrivare alla piazza centrale del paese, tra cascine e pollai, qualche opera di Arte Urbana si vede già, fino ad arrivare al bar del centro, dove un signore molto disponibile si presenta e mi invita a bere una birra (Baladin, ovviamente). Solo qui ritrovo Silvia e sempre qui scopro non solo che quel signore distinto è in realtà un consigliere comunale, ma che è anche la mente ideatrice di un festival che dura da ben 4 anni.

Mario Deasti è un irriducibile sognatore, oltre che appassionato di viaggi e di arte: mi racconta che, complici le sue peregrinazioni (l’ultima delle quali è stata, tra lo scorso e quest’anno, in Molise, per un confronto con la nota Civitacampomarano) e la voglia di fare qualcosa per la propria terra, decide che anche per Rive è giunto il momento di avere la sua personale collezione di opere plein air. “Tutto è nato con poche conoscenze e risorse, ma con tanta passione” e presa bene, aggiungo io. L’obiettivo? Raccontare il territorio, con la sua acqua e le sue risaie, con i suoi animali, le sue piante, i suoi uomini, le sue donne e le loro professioni, le sue tradizioni, i suoi riti e i suoi canti (quelli, bellissimi e resistenti, delle mondine), in un festival annuale dal titolo, arguto, “DeRive – Arte pubblica nello spazio rurale”.  I primi artisti e le prime artiste che vengono chiamati, con una curatela che potremmo definire DIY, sono tutti delle zone limitrofe: nel 2020 lasciano la loro traccia in paese Elena Caccianotti da Vercelli, Giuliano Bacchella da Pavia, Axe da Padova e Giuseppe Gusinu da La Spezia. Nel 2021 il cerchio si allarga: arrivano Vieri Piccini da Firenze, Nicola Alessandrini da Macerata, Vernis da Torino, mentre nel 2022 il festival si apre al mondo con Nulo da Montevideo, Roberta Fiorito da Cosenza, Mehsos dal Belgio, Patrizio Anastasi da Roma, Bifido e Nian, da Caserta e da Firenze. Fino al 2023, con Zamoc da Modena, Crisa da Cagliari, Alessandra Carloni da Roma e Vincenzo Suscetta da Potenza. 

E Silvia Scardapane? Il suo (o meglio, il loro, quello di Inward – Osservatorio Nazionale sulla Creatività Urbana) anno è proprio 2024: solo nel mio viaggio a Rive scopro, infatti, che sono in corso di realizzazione 3 nuove opere, questa volta progettate e dipinte solo da artiste, su direzione artistica della stessa Inward: Giulia Pasa Frascari, Trisha Palma e Rosmunda.

T’ musta tò nona” è il titolo dell’opera di Trisha, che ha omaggiato il patrimonio culinario del territorio rivese e piemontese in una scena, resa nell’elegante stile pittorico dell’artista, che rappresenta un momento intimo di trasmissione orale e manuale, tanto da restituire il calore di una fotografia analogica. Il murale, evocativo di una condivisione familiare, è caratterizzato da molti elementi significativi: il paiolo, la spiga di riso e i papaveri rossi. Il titolo vuole dire: “ti insegna tua nonna”.

Custode delle acque” è invece il titolo dell’opera di Pasa: l’artista ha voluto celebrare il mestiere dell’acquaiolo, non solo una professione ma anche il simbolo di un delicato equilibrio tra uomo e ambiente perché capace di captare il linguaggio della natura, anticipando le sue esigenze, e lavorare in armonia con i suoi ritmi. La grande figura di Pasa, realizzata con le tonalità del grigio e del nero, è caratterizzata da un volto androgino e da una serie di tatuaggi che rimandano al territorio rivese.

Infine, “Il segreto di Villa Chioso” è il titolo dell’opera di Rosmunda: colpita dalla leggenda di Villa Chioso a Rive su cui ha lavorato, l’artista ha proposto alla comunità una personale, romantica e illustrativa rappresentazione degli incontri notturni che – la tradizione racconta – si svolgevano sul posto, dove di notte si potevano vedere le fanciulle che ballavano nude al fuoco delle torce fino all’alba. Qualsiasi estraneo volesse ammirarle, però, scorgeva gatti neri. E così, per celebrare la suggestione onirica di questo racconto, che tanto rimanda anche alla presenza delle streghe (masche), il murale rende omaggio ai felini resi, tuttavia, con alcuni elementi fisici tipici dell’essere umano.

Con queste ultime tre, le opere di DeRive arrivano al numero totale di 21, chiudendo così la quinta edizione del festival.

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