La notizia è che eL Seed arriva (meglio, torna) a Milano, dove sta realizzando il suo primo muro.
La notizia nella notizia è che, per farlo, sono stati cancellati gli OSGEMEOS.
Ma occhio a non cadere in più o meno facili conclusioni affrettate. Certo, per chi, come me, vive da sempre nella zona nona di Milano, tra Bicocca, Niguarda e i confini con Sesto San Giovanni, l’assente presenza dell’opera che i gemelli (al secolo Gustavo e Otavio Pandolfo) hanno realizzato sul muro di fondo di Pirelli HangarBicocca nel lontano 2016 è qualcosa che non è passato inosservato. E non solo perché nel momento in cui scrivo al posto di quel back jump con tanto di dedica a Slav c’è un muro bianco con la griglia disegnata e i ponteggi montati (le foto, successive alla data del pezzo, sono di WallsOfMilano), ma anche perché si è cominciato a vocifare di un cambiamento epocale ancora prima che fosse eretto il primo tubolare per i lavori di scialbatura. Insomma, in un quartiere dove ben poco viene prodotto (eccezion fatta per i muri liberi della ferrorvia di Greco Pirelli e di quel baluardo di cultura e arte che è Casa Loca in viale Sarca), la gente, certa gente, mormora (buffo per altro scoprire come se ti sposti di mezzo quartiere in là anche gli artisti più addentro nel giro non ne sappiano nulla e strabuzzino gli occhi alla notizia. O, meglio, alla notizia nella notizia).
Ma quella che solo all’apparenza può sembrare una scelta poco oculata cela, in realtà, un significato e una strategia ben più profondi e strutturati (sarebbe potuto essere diversamente per un’istituzione qual è Pirelli HangarBicocca?). Tanto la nuova opera di eL Seed quanto quella vecchia degli OSGEMEOS, infatti, rientrano nel progetto “Outside the Cube”, curato da Cedar Lewisohn proprio per Pirelli HangarBicocca: sin dalla sua nascita, con il muro del 2016, il percorso intende aprire un dialogo che porti l’istituzione e i suoi spazi a diventare un nuovo polo di riferimento per lo sviluppo e la valorizzazione del linguaggio artistico connesso al contesto metropolitano, aprendo così il “cubo” dell’Hangar verso l’esterno. Come? Semplice: anche, soprattutto, grazie alla realizzazione di opere effimere come Efêmero, non causale titolo dell’opera degli OSGEMEOS attualmente buffata.
Ora, diciamocelo: per chi è nerd della materia, l’idea di fare spazio all’opera di un artista (uno dei miei preferiti nel mondo della calligrafia, per altro) a scapito dell’unico muro degli OSGEMEOS a Milano, oltre che uno dei pochi del duo in Italia, poteva forse essere gestita in altro modo. Per altro, giocando con le regole di ingaggio della strada, il coprente dovrà dimostrare di essere ampiamente all’altezza dei coperti (e, insomma, il compito è arduo, vista la caratura dei secondi e la sberla che ci avevano regalato). Ma Milano è Milano, e il progetto Outside the Cube è il progetto Outside the Cube, con un suo significato oltre che un’importanza di non poco conto per il quartiere (il mio quartiere). E, dunque, bando ai rimpianti: forse è giusto così (di certo, è così). Fatto sta che ora si apre un nuovo capitolo, che porta non solo un nuovo nome ma anche anche un nuovo titolo e un nuovo significato nel contesto della zona e dell’intera città.
Waves Only Exist Because the Wind Blows (Le onde esistono solo perché il vento soffia) è infatti il titolo del nuovo intervento di eL Seed a Pirelli HangarBicocca, che verrà inaugurato il prossimo 3 luglio con grande party e dj set. Da sempre la ricerca di eLSeed si basa su una calligrafia che cela intricati livelli di colore, simboli e segni, rappresentazioni di messaggi universali e riflessioni sui temi della convivenza, della pace e della libertà: nei suoi murales eL Seed conduce ricerche approfondite per comprendere al meglio l’essenza delle tante comunità che incontra e per confrontarsi con culture diverse dalla sua (per anni ha esplorato la questione della casa e dell’identità, le complessità della migrazione, il desiderio di connessione e l’aspirazione a un senso di appartenenza appagante). Non a caso per Pirelli HangarBicocca eL Seed sta creando un’opera d’arte che celebra il viaggio comune e il bisogno di appartenere a un luogo. Con la forma di un’onda che incarna perfettamente il tema dell’andare e venire, gli organizzatori sostengono che l’opera attualmente in fieri interpreti la saggezza di Cesare Pavese e la sua celebre frase del romanzo La Luna e i falò: “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via”. A me, nell’immaginarla, piace pensare alla tanto vessata canzone di un connazionale dell’artista calligrafo: Ghali. “Non mi sento tanto bene però sto già meglio se mi fai vedere il mondo come lo vedi tu. Non mi serve un’astronave, lo so: casa mia o casa tua, che differenza c’è? Non c’è! Ma qual è casa mia? Ma qual è casa tua? Ma qual è casa mia? Dal cielo è uguale, giuro”.
Riguardo all’opera l’artista ha spiegato: “Dove si trova la casa? È un luogo o un sentimento? Come esseri umani, tutti noi vogliamo appartenere a un luogo, a un gruppo. La sensazione di sentirsi a casa si intreccia con il sentimento di appartenenza. Il senso psicologico di attaccamento alla casa è così complesso e profondo che va oltre gli aspetti fisici di un luogo. Si tratta di una profonda connessione emotiva e di un senso di radicamento. Come esseri umani, tutti desideriamo un senso di appartenenza. Milano è un centro internazionale che da sempre è impegnato ad accogliere persone di ogni provenienza, a celebrare la loro diversità e a preservare il loro senso di radicamento e identità”.