Con una scena locale molto interessante, tra festival sovvenzionati e produzione indipendente, la Croazia è un luogo davvero notevole per chiunque voglia respirare un po’ di aria nuova, lontana dai nomi roboanti della scena Urban nostrana e pure europea. Se a questo ci aggiungete una certa curiosità per la recente storia indipendentista di quei luoghi, che, raccontata da gente dell’età dei miei genitori, ha portato a combattere una guerra civile solo 30 anni fa, allora gente come la sottoscritta va in brodo di giuggiole.
Ma torniamo all’arte e alle strade. Il nostro racconto non parte dalla capitale politica del paese ma da una città molto nota a noi italiani: Fiume o, meglio, Rijeka. Sarà per la sua natura portuale, sarà per l’abbondanza di costruzioni sovietiche, sarà che l’abbiamo vista in una piovosa giornata di agosto, questa città fornisce davvero il perfetto background per una produzione di Arte Urbana ricca e infrattata in ogni dove. Partiamo da Kružna ulica, una strada da cui siamo stati attratti per il nostro ormai sviluppato sesto senso alla caccia all’Arte Urbana: nessun segno particolare e visibile della presenza di questo genere artistico, solo ci è bastato buttare l’occhio sotto i portici di una banca, al di là dell’edificio stesso, per esclamare, senza cartina alla mano, “andiamo che qui troviamo roba”.
Detto, fatto: quello che ci si è parato davanti è stato un quartiere davvero unico nel suo genere, tanto diverso dal vicino Korzo (la via principale della città) che, proprio per il suo contrasto, ci è tanto piaciuto. Qui si avvicendano gallerie indipendenti (come ArtMašina), studi fotografici (uno di questi ci ha anche invitati all’inaugurazione di una mostra che si sarebbe tenuta la sera della nostra visita), il Centro culturale giovanile di Palach e tanta produzione eterogenea, da un lettering evidentemente fine anni Novanta, frutto di una jam di cui non ho trovato traccia, fino ai disegni illustrativi di Ojo Magico, Džedaj (che qui ha realizzato “Dedication/revenge to Inertia”, omaggio al compositore francese Erik Satie), Xuehka, Pekmezmed e Sretan Bor.
Da qui il nostro giro ha proseguito verso muri di ben più grandi dimensioni, appartenenti a un progetto più strutturato e targato 2020: questo è infatti stato l’anno in cui Rijeka ha ricoperto il ruolo di Capitale europea della cultura e, anche in vista di quell’occasione, negli anni precedenti la città è stata dotata, grazie al festival “River Mural”, di 7 nuovi murales nell’area più ampia di Delta e Školjić e in via Križanićeva. In questo tratto ha iniziato a nascere un vero e proprio distretto dell’Urban Art, al punto che a partire dal 2015 queste zone della città sono state dipinte da artisti di fama nazionale e internazionale come Jadranka Lackovič Ojo Magico (“A familiar place”), Miron Milić, Andrej Žikić Artez (“Sail Away”, forse l’opera più bella), Goran Rakić Chez, Marko Rudeš Sarma, Slaven Kosanović Lunar, Tea Jurišić, Vladimir Tomić – Mosk e altri. Restano fuori dal giro le bellissime opere di Sebas Velasco (“Explorare Necesse Est”) e Lonac (“Nitpicking”), entrambe in Ružićeva ulica.
Il nostro giro a Rijeka si è infine concluso alla Tvornica papira Rijeka, la cartiera fiumana di inizio Ottocento che oggi si presenta al pubblico come un imponente edificio di mattoni e vetro e che si affaccia, maestoso e spaventoso, sul fiume. Noi l’abbiamo visitata, senza permesso alcuno, durante alcuni lavori di demolizione e ricostruzione: al suo interno sono visibili le tracce di diversi artisti, che hanno lasciato segno del loro passaggio attraverso piccoli lettering o opere figurative. Di certo, potrebbe sfuggire all’occhio poco intenditore l’operazione “Camouflage (Tribute to René Magritte)” di Pejac, realizzata nel 2016 durante le sue 2 settimane di residenza al Museo di Arte Moderna e Contemporanea: l’opera raffigura un ragazzo con una fionda che insegue uno stormo di uccelli. Questo intervento è stato effettuato rompendo, tagliando e sostituendo il vetro di una delle vetrate dell’ex cartiera, oltre a dipingere la sagoma del ragazzo, il tutto risultando in un’efficace illusione.
Ma Croazia fa rima con la sua capitale, Zagreb detta Zagabria. Qui i luoghi di produzione, legali o meno, sono tanti, e ovunque si vada è possibile scrutare dell’Urban Art. Iniziamo da Medika, dal 2009 centro comunitario culturale, volto a consentire la società civile, le arti sovversive, l’educazione degli attivisti e lo scambio di conoscenze. A gestirlo è, da 13 anni a questa parte, Autonomous Cultural Centre – Attack!, dal 1997 un’associazione di cittadini apartitica, senza scopo di lucro, non governativa, attiva nella cultura giovanile e non istituzionale e da sempre promotrice di progetti in(ter)dipendenti realizzati in tutta la Croazia e oltre (festival artistici, eventi di musica alternativa, produzioni cinematografiche e teatrali, gallerie, biblioteche e programmi hacklab). Entrare a Medika è molto facile (io l’ho fatto autonomamente, purtroppo senza incontrare nessuno in una freddissimo e piovoso mattino agostano), oltre che di grande impatto: la sua corte interna ricorda un po’ il Pedro di Padova o, più in grade, Rog Factory a Zagabria ma è davvero stracolmo di produzione artistica ovunque ci si giri, dentro e fuori il centro.
E a proposito di centro (ma, questa volta, della città), piacevolmente inaspettato è stato l’At Art Park, situato tra la passeggiata Strossmayer di Zagabria e la via Tomićeva. Un tempo abbandonato, dal 2016 il parco è stato pulito e riempito di persone dal collettivo Pimp my Pump e dallo studio Lapo Lapo che, ogni anno, da maggio a ottobre, propongono una serie di eventi culturali (workshop, yoga, sessioni di disegno, proiezioni di film, jam musicali, pannelli per dipingere), gratuiti e aperti al pubblico, che ravvivano lo spazio, già animato da un piccolo parco giochi per bambini, tavoli da ping pong, possibilità di usufruire di cibo, bevande, posti lounge e posti per picnic. Sulla parte alta del parco, poi, moltissimi artisti, nazionali e internazionali, lasciano costantemente il loro segno, invogliati dalla comunità stessa che richiede spesso a gran voce il ricambio delle opere e l’intervento continuo degli artisti.