Characters, la mostra di Esa e Masito alla Wunderkammern di Roma

di Clara Amodeo

Parola d’ordine: condividere. Che poi è un po’ l’essenza dell’Hip Hop, dove tutto quello che è frutto dell’essere umano (dalla creatività alla socialità, dalle persone alle produzioni) viene messo in circolo, a disposizione di tutti e di tutte per una necessità tanto naturale quanto professionale: evolvere per crescere. E la voglia di condivisione, di sperimentazione e di crescita, a partire da una produzione personale, è quanto ho nettamente percepito chiacchierando con due mostri sacri di questo fenomeno, sociale e culturale, in Italia: Esa e Masito, veri e propri watchdog dell’Hip Hop in grado, nel loro trascorso, di padroneggiare e sperimentare tutte le discipline, evolvendo il proprio stile e confrontandosi spesso sugli esiti.

Ed è proprio da questa ricerca, personale ma anche condivisa, che nasce la mostra Characters, aperta dal 26 marzo al 23 aprile 2022 alla galleria Wunderkammern di Roma. Come i due mi hanno raccontato, Esa e Masito hanno strutturato congiuntamente questa mostra già a partire dal 2020, e oggi, a distanza di due anni, la vedono finalmente realizzata in quella che, secondo Giuseppe Pizzuto, direttore di Wunderkammern e curatore di Characters, è una “una mostra fatta di storie. Pezzi di storia della musica (John Coltrane e i Nirvana) si intersecano con le storie personali della vita dei due artisti (il rap e il writing). Storie vere (le icone della musica) si mescolano con storie inventate e fantastiche (le Facciacce ed i Sideralis) facendo affiorare i tratti salienti dell’umanità dei due artisti”.

Masito, Esa, siete due pilastri della musica rap italiana presso due tra le più importanti città italiane, mentre forse la vostra produzione “da cavalletto” è rimasta più sotto traccia e meno conosciuta dal grande pubblico: come vi siete approcciati a quell’arte che potremmo impropriamente definire pittura? Siete partiti entrambi dai graffiti? E cosa vedete in comune tra queste due forme espressive (musica e pittura)?

Masito: Fino al 2000 sono stato per strada, tra GRA, FCP, Rome Zoo, Colle der Fomento, sempre in giro per i graffiti. Poi, nel 2000, ho ritrovato la pace di casa e ho avuto più tempo per fare cose: ho iniziato con le tele, approcciandole non con il linguaggio dei Graffiti ma con quello della Pop Art (solo ultimamente ho fatto cose che riguardano lettere e incastri di lettere). I miei primi lavori su tela sono stati “bubbleosi”, facevo nuvole, oggetti come caramelle, tutti molto semplici in stile Pop Art, e in parallelo sperimentavo anche la calligrafia su tela, che però non mi soddisfaceva appieno perché molto gestuale. A questo ho poi iniziato a mischiare la grafica, giungendo oggi a uno stile tutto mio e necessariamente libero. Che poi, la libertà, è anche quella cosa che rende molto simili le due discipline: posso scrivere quello che voglio nei miei testi e allo stesso tempo posso dipingere quello che voglio su tela. Anche la mia maniera di dipingere è così, ogni giorno do una mano, due linee, non è istintiva, ogni giorno faccio una progressione e piano piano esce l’immagine, la vedo crescere: mi piace la libertà, potere fare quello che voglio, e anche in questa mostra ho fatto cose che non avevo mai fatto. 

Esa: Prima di fare questa mostra con Massi (con cui, per altro, abbiamo condiviso 30 anni di musica), entrambi eravamo sempre in gruppo con altri artisti dell’Hip Hop, quindi non solo rapper ma anche, com’è tipico dell’Old School, anche danza, DJ e molto altro ancora. Se abbracci questa cultura non ti esprimi con una sola forma: non è che se uno rappa fa solo quello, anzi chi ascolta i Colle sa quante rime ci sono sui graffiti. Inoltre con lui c’è stata molta condivisione anche di opere, il passatempo di stare insieme e fare musica e fare sketch c’è sempre stato. Certo, non è una cosa su cui puoi fare tanta pubblicità, trattandosi di un’arte delle marachelle…

Massimiliano: Che poi questa cosa di fare più cose non è presunzione di sapere fare tutto ma è divertimento, è parte dell’Hip Hop. Prendi Crash Kid di Roma: lui faceva un po’ di tutto, ci metteva in tutte le situazioni e questa mentalità ci ha proprio contaminato.

In parte mi avete già risposto, ma mi raccontate come è nata l’idea di fare una mostra assieme? E’ la prima collettiva a cui partecipate? E ancora, cosa avete in comune nella produzione artistica pittorica? E cosa, invece, non avete in comune e avete voluto mettere in luce nella mostra?

Masito: Sono stati Esa e Giuseppe Pizzuto ad avermi invitato per un’esposizione. Inizialmente abbiamo ragionato per creare lavori a quattro mani: ci siamo visti varie volte a Roma durante il primo lockdown e per vari giorni abbiamo dipinto insieme, sperimentando le più diverse tecniche, anche quelle che non conoscevamo (dai pastelli a cera all’acquerello, dagli spray, gli squeezer a marker di ogni tipo). Quello che abbiamo fatto era molto divertente e valido ma, nel frattempo, abbiamo portato avanti anche le nostre ricerche personali e, ragionando sui rimandi, abbiamo rivisto a freddo tutti i lavori che avevamo fatto, giungendo a una conclusione: non era il caso di forzare la strada delle quattro mani, in quanto i lavori singoli ci convincevano di più. Pertanto, abbiamo optato per per la doppia personale, anche se ci sono comunque lavori in cui abbiamo lavorato assieme mescolando tecniche e quello che avevamo. 

Esa: All’inizio la mia esigenza era quella di andare da Massi che era il mio super eroe in questo ambito: musica insieme ne abbiamo fatta tanta, ma abbiamo anche sempre coltivato questa passione comune per l’arte. Per altro Massi è una persona molto discreta, a differenza mia che sono molto più estroverso.

Masito: Non è un caso che la mostra titoli Characters, caratteri differenti che è la nostra forza: io procedo lentissimo mentre Fra in una giornata fa sei pezzi; lui procede per esplosioni di colore, mentre le mie sono linee molto nette e chiare di colore. Abbiamo provato a venirci incontro, ma abbiamo capito che, per ora, il risultato non era il nostro preferito; che poi, in realtà, chi ha visto i lavori a quattro mani è impazzito, ma abbiamo scartato tante cose e, oggi, ci ritroviamo con moltissimo materiale. E non ti nego che questa strada mi piace moltissimo e voglio continuare al di là di tutto e di tutti. 

Masito, mi pare che tu tragga ispirazione da diverse fonti, alcune delle quali molto vicine a noi (nelle Sideralis io ci vedo Doze Green, per esempio). Esa, il tuo imprinting è chiaramente quello di Basquiat, ma con un’iconologia che parla di icone pop. Quali sono, nella storia dell’arte, gli artisti che vi hanno fatto da maestri?

Masito: Doze Green è un mito, ma sono sempre stato attento a non andare verso una cosa già vista. E, a essere sincero, non è stata una strada facile: ci ho messo tantissimo. Per quello che riguarda Sideralis, a Roma c’è un museo etnico molto ricco da cui ho tratto molto: qui, infatti, i vasi greci sono stati di grande ispirazione e per me Sideralis sono il negativo di quei grandi pieni neri della pittura vascolare antica. Anche i primi graffiti rupestri lo sono, con la semplicità e l’immediatezza del segno, ma la mia fissa totale è Keith Haring, da cui ho tratto ispirazione cercando, tuttavia, di fare altro. 

Esa: Nella mia vita ho avuto la fortuna di avere conosciuto moltissimi dei miei idoli nel mondo dell’arte e della musica: solo per citarne alcuni, Phase nel periodo in cui stava in Italia, Rae con il logo di Gente Guasta, Dumbo con dj Rash, FlyCat, insomma il background dei graffiti c’è, anche se la musica è sempre stata la mia grande passione. Recentemente si è creata una crew che unisce l’Old School di Roma e di Milano che è la 0206: con loro ogni tanto dipingiamo, in quanto il muro è quel momento in cui molli tutto e incontri gli amici. E poi sì, certo, Basquiat, che mi piace moltissimo, la NY degli anni Ottanta e le culture a essa legate mi piacciono moltissimo; adoro la sua estetica africana e indiana che era comunque contaminata dalla città e dal mondo urbano, è un artista che ho capito molto dopo perché prima c’erano i writer italiano europei e americani. E poi mi piace anche molto Picasso.

Masito: Giusto, non ho detto nulla sul Writing ma uno dei miei miti è Zedz: è super eclettico e per me è di grande ispirazione, i Sideralis nascono anche da lui. 

Cosa mi dite, invece, dei supporti su cui avete lavorato?

Masito: La carta è il nostro elemento base, è quella cosa che per entrambi è più famigliare: vicino a ogni testo scritto a mano ci sono sempre flop, tag, throw up. La tela è un buon supporto, come anche il legno, personalmente non ho mai fatto le facciate ma sarebbe divertente farlo. Però, ecco, il supporto è solo poi un mezzo per trasportare l’opera, non gli do tutta questa importanza.

Esa: la vedo come Massi: oggi per avere diversi supporti, grandi e ingombranti, devi poter disporre di un magazzino, mentre la carta è quel supporto che ti permette di lavorare molto, ovunque, senza dover mettere a disposizione grandi spazi. Poi ci sono anche tele che a me piacciono perché sono belle e leggere, le appendi al muro con facilità. Però anche per me il supporto ha un’importanza relativa, quello che conta per me è il contenuto e quello che mi piace di questo progetto è che c’è una parte infantile, fanciullesca molto forte. Prendi, per esempio, le Facciacce, che è un progetto che si è evoluto in quest’anno: nella mostra ci sono cose che tutti gli amici si aspettavano (Massi le lettere, io i volti), ma avendo avuto un anno e mezzo per studiarla abbiamo pensato di evolvere un concept nuovo. E così, mentre i Sideralis sono specchio di un mondo alieno ed etereo, le Facciacce, che convivono coi primi, sono facce piene di colori, che sono quegli elementi che colpiscono anche nell’arte non autorizzata, che sono liberatori e che ci cambiano l’umore. E da qui il dialogo con la poetica di Massi: per me questo esperimento è stato molto importante perché mi ha dato la possibilità di lavorare con lui anche sia un punto di vista umano sia per ragionare sull’arte, facendo così un altro gradino.

Masito: Sì, è stato proprio bello lavorare assieme perché è vero che ci si conosce da una vita tramite le serate ma è anche vero che stare insieme tanto tempo ci ha permesso di conoscerci meglio, confrontarci e cambiarci: io mi escludo molte cose, mentre vedere Francesco che lavora libero mi ha fatto cambiare il modo di lavorare, sono diventato un altro quindi ringrazio lui e anche Giuseppe che ha creduto in noi, a loro devo la possibilità di non essersi fossilizzato e di avere aggiunto sempre nuovi ingredienti alla mia ricetta di punta. 

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