Postponed: intervista a 8mail sulla sua prima personale italiana alla Street Art Place

di Camilla Castellani

L’emergenza da Coronavirus si associa d’istinto al tema della sanità. Tuttavia, la contingenza pandemica ha toccato anche tutti gli altri settori, dall’economica alla società, dalla politica alla cultura fino, per riduzione, al singolo individuo. Fino, cioè, a noi.

Anche l’arte, o meglio gli artisti, hanno metabolizzato questo improvviso cambiamento di rotta del mondo e, nonostante i rinvii, hanno, per quanto possibile, sempre prodotto. Alcuni hanno focalizzato la loro creatività su tutto quello che non fosse legato all’emergenza, cercando quasi una via d’uscita “altra” a una realtà troppo dura, mentre altri hanno lavorato sul periodo, facendone materia di creazione: è il caso di 8mail che fino al 28 febbraio porta alla Street Art Place, web gallery online di Gaeta, la sua prima personale italiana, “Postponed”, curata da Davide Rossillo e Alessandra Arpino.

L’artista di Brixton, militante nella scena del Graffiti Writing di South London e Urban Artist a tutto tondo, porta in galleria opere realizzate con gesso e carboncino che affrontano un tema a lui caro: le proteste. E più nello specifico le reazioni, le emozioni e l’empatia generata da chi i subbugli li crea, li difende, li seda o gli si oppone. Abbiamo voluto sapere di più sul suo pensiero e sulla sua personale e, per questo, ci abbiamo scambiato quattro chiacchiere.

“Postponed” è il tuo punto di vista, la tua visione d’insieme degli eventi e dei fatti relativi alla pandemia da COVID-19. Ma è anche strettamente connessa ad un altro tema a te molto caro: le proteste. Come hai analizzato il binomio pandemia-proteste?

Beh, la mostra era originariamente programmata per maggio 2020 e la mia “preparazione” è iniziata alla fine del 2019, prima che si venisse colpiti dalla pandemia. Mentre la mostra è stata rimandata nell’anno, abbiamo assistito al suo effetto su tutti gli aspetti della vita, compresa la capacità del pubblico di protestare e manifestare. Ho sentito che questo doveva riflettersi nel lavoro che stavo creando per la personale. Nelle serie ‘Cops’ e ‘Riot Frame’ è forte ed evidente la presenza della pandemia: infatti c’è l’inclusione delle protezioni ma l’omissione della folla.

Nelle tue opere ci sono tanto i manifestanti quanto i poliziotti e i corpi che solitamente cercano di sedare le proteste. Per “Postponed”, ad esempio, hai eseguito ritratti specifici di poliziotti italiani. Chi sono i protagonisti della tua mostra personale?

Non sono sicuro che la mostra abbia un “personaggio principale” in sé, penso che il lavoro riguardi il pubblico e l’autorità. È un problema comune in tutto il mondo, da qui nel Regno Unito all’Italia, a quasi tutti i Paesi: le folle scendono in strada, a volte pacificamente, a volte violentemente per dire “non siamo felici”. Che si tratti di una rivolta politica, di un’occupazione ambientale o di una folla senza direzione, l’incarnazione fisica del malcontento e del dissenso ne sono il fulcro.

E “Confront”? Puoi dirci qualcosa al riguardo al pezzo e al suo obiettivo? Sembra che voglia stimolare una sorta di dibattito acceso, vis a vis con ogni singolo visitatore.

“Confront” consiste nell’immagine di un manifestante incisa sulla visiera di un casco antisommossa usato della polizia. Quando la luce filtra attraverso la visiera proietta l’immagine sul muro – creando una sorta di ‘faccia a faccia’ tra un’ombra letterale (il manifestante) e un simbolo vuoto di autorità (il casco antisommossa). Mi sembrava un modo appropriato per rappresentare le interazioni che avvengono durante le rivolte e le proteste. È una sorta di metafora che segna le differenze, in una rivolta, tra l’incarnazione fisica della polizia (casco, scudo, manganello, giubbotto antiproiettile) e quella del manifestante, che si riflette nella solidità fisica del casco e nell’ombra effimera.

Ho notato che nelle tue opere manca spesso una parte antagonista. Perché? Sembra che il tuo punto focale sia nell’azione-reazione dei personaggi e non in chi combatte. Ho letto il tuo interesse per i “comportamenti incivili in un mondo civile“. Mi sbaglio?

Sì, credo di essere d’accordo con te. Tendiamo a vivere la nostra vita in modo molto civile. Il giorno prima di una rivolta, un poliziotto e un rivoltoso potrebbero fare shopping felicemente fianco a fianco al supermercato e solo poche ore dopo uno potrebbe tirare un mattone all’altro. In una rivolta i civilizzati diventano incivili, la patina sociale scivola via per quei momenti: tutto è in una zona grigia di totale caos. Queste zone grigie e momenti fugaci di un certo tipo di comportamento sono ciò che mi interessa e di cui faccio indagine per il mio lavoro.

In “Postponed” vediamo anche la serie “Las Tesis”. È dedicata alle recenti manifestazioni delle donne per i loro diritti. Vengono da Grecia, Spagna, Kosovo, Guatemala e così via. Perché sono bendate? Qual è il tuo scopo in questa serie? È come se urlassero un grido di battaglia all’unisono.

“Las Tesis” è una delle poche serie in cui rendo noti al pubblico i soggetti delle immagini. Il 25 novembre 2019, le femministe cilene conosciute come ‘Las Tesis’ hanno ballato e cantato la canzone ‘A Rapist in Your Path’ mentre indossavano bende sugli occhi (facendo riferimento alla brutalità della polizia cilena che ha lasciato migliaia di lesioni agli occhi durante gli scontri nel 2019). Il movimento ‘Las Tesis’ ha attirato la mia attenzione. Seguo spesso varie proteste e rivolte che avvengono in tutto il mondo. A differenza di molte altre, le proteste/performance di ‘Las Tesis’ si sono diffuse da un paese all’altro tanto da essere replicate in modo quasi identico nelle varie capitali. Questo dimostra come donne che vivono in continenti diversi, parlano lingue diverse e non si conoscono tra di loro sono unite dall’oppressione sistematica. Ho potuto assistere alla performance “Las Tesis” a Londra, a Trafalgar Square, nel febbraio 2020 e parlare con gli organizzatori e i manifestanti. Questa serie di tele ritraggono singole partecipanti di diverse proteste/performance da tutto il mondo, che se esposte insieme rappresentano l’unione e la vera lotta comune a molte donne.

Come scegli i soggetti e gli argomenti delle tue opere? Parti da un reportage fotografico o da una sorta di ricerca?

La ricerca. Il materiale di partenza non manca. Mentre parliamo ci sono proteste in corso in tutto il mondo, dal Myanmar alla Germania, all’India, al Venezuela e molti, molti altri posti, su una serie di questioni che vanno dall’assistenza sanitaria alla corruzione, dall’agricoltura ai diritti civili. Viviamo in un’epoca di dissenso e protesta. In molti paesi le crisi sono diventate sempre più gravi. Inoltre, la libertà a volte ci permette (soprattutto nel mondo occidentale) di scendere in piazza e protestare, qualcosa per cui 200 anni fa saresti stato ucciso. Anche internet con la socialità che porta ha contribuito ad alimentare questa libertà di ribellarsi.

Vieni da Brixton, South London. La storia politica, economica e sociale del Regno Unito è legata ai personaggi e ai temi che ricerchi e rappresenti nelle tue opere? Cosa pensi dell’attuale situazione della Brexit?

Penso che le rivolte del 2011 che sono avvenute nel Regno Unito abbiano avuto un certo impatto su di me. È successo in un’età abbastanza importante in cui stai entrando nel mondo degli adulti e vedere queste grandi manifestazioni di malcontento qui in Gran Bretagna è stato fondamentale.

Sei nella scena del Graffiti Writing da quando avevi 13 anni. Cosa ti ha portato dai graffiti all’arte contemporanea? Il carboncino e il gesso sono una sorta di alter ego della bomboletta e dei marker?

I graffiti sono una forma di dissenso. Quando la gente chiede perché – ci sono due citazioni di graffitari, migliori di me, con cui rispondo: “Fondamentalmente sta dimostrando che le persone hanno superato certe paure e costrizioni su come si dice loro di vivere, e quando crei un dipinto è un esempio molto simbolico di persone che superano quella paura e aiuta altre persone a capire che forse anche loro possono fare qualcosa del genere, il che dà potere all’individuo” – Fuel’ (della DDS Crew) e “Lo faccio solo perché penso che sia divertente, cazzo“. – Sano.

Leggi anche:

Lascia un commento