Mister Caos realizza la poesia di strada più grande al mondo nella sua San Donato Milanese

di Camilla Castellani

Facciamo un gioco: copia-incollate queste coordinate geografiche su qualsiasi mappa online e vedete un po’ dove atterrate: 45°24’24.6”N 9°16’02.3”E. Ebbene sì: siamo sul tetto di una barriera insonorizzante a San Donato Milanese. Il tetto di una barriera insonorizzante a San Donato Milanese? Ebbene sì: qui, questa estate, Mister Caos ha realizzato l’opera di poesia di strada più grande al mondo. Qui, nel suo quartiere.

Poesia di strada, dicevamo, ma anche opera concettuale site specific, poesia di strada, street art e land art: un intervento stratificato di vernici e linguaggi, come gli anni e i fatti di cronaca sulle spalle di San Donato, cittadina dell’hinterland milanese. Diverse chiavi di lettura incisive e dirette: una lunghissima poesia rossa, dal titolo “Viavai”, intreccia la gigantesca scritta “Vai via da questo via vai”; insieme percorrono tutta la superficie di 11.248 m2 a 10 metri di altezza.

“Viavai”, un implicito riferimento a via Di Vittorio: strada dritta lungo la direttrice nord-ovest/sud-est costeggiata da palazzi abitati da quasi un terzo della popolazione di San Donato. “Viavai” è il “ritratto di una periferia qualunque”, ma per Mister Caos è ben più di un “qualcosa”: “la Via”, dove è nato e cresciuto e che nel tempo ha visto sempre più trasformarsi in un quartiere-ghetto. Il taglio netto della ferrovia che a est divide via di Vittorio dal resto della cittadina è arrivato ad essere una vera e propria barriera invalicabile, complice la struttura insonorizzante su cui Mister Caos ha scritto la sua dedica di rabbia e amore.

D’altronde è la storia a ricordarci come certi muri possano diventare barriere sociali oltre che fisiche, che nel caso di San Donato e via Di Vittorio hanno contribuito a creare forme di microcriminalità e degradi di cui ancora oggi accusa i lasciti, soprattutto nella nomea negativa.

Ma se nell’immaginario collettivo “la Via” è un luogo senza uscita, un labirinto senza alternative da cui si cerca e spera di scappare il prima possibile, Mister Caos – con la sua opera non autorizzata – vince pregiudizi e disagi con l’arte: un sincero atto d’amore per chiunque risieda nel quartiere, nessuno escluso, soprattutto per coloro che sono “costretti” ad affacciarsi su quella mastodontica barriera ogni giorno, ma che ora – quando vorranno – potranno godere di un pezzettino di quelle parole e farle proprie. “Viavai” è difatti inaccessibile da chiunque, se non visibile in parte da chi vive nei palazzi lungo il muro.

“Di parole ne ho scritte tante” – recita un post Facebook del 21 settembre di Mister Caos – “Ora ho 11.248 motivi per far parlar le immagini. Viavai è per voi.”

VIAVAI 

Ritratto a una periferia qualunque – 2018 

Vai via da questo viavai 
che ti dimentica in fretta, 
che ti sta sempre col fiato sul collo ma quando hai bisogno 
non ti da retta. 

Via perché qua a tratti  
quasi non si respira, 
i materassi sui marciapiedi, 
i lampioni spenti o intermittenti, i parcheggi vuoti  
e le auto comunque in doppia fila. 

Via dalle urla, 
tra balconi dei vecchietti, 
che per capirle devi sapere 
circa cinque, sei o sette dialetti. E ancora: 
le spinte e le sberle in cortile, 
a casa a prendere il resto, 
i fuochi d’artificio  
anche quando non è festa. 

Via con le mie cicatrici, 
l’unica cosa che resta. 

Via da dove i miei amici  
ancora non vogliono entrare. 

Dal grigio, la rabbia e la nebbia, dalle scuse di una via chiusa 
dai sottopassi che puzzano di piscio e là, la mia vecchia casa. 

Via da questo via vai, 
unità di misura con cui vivo le cose, e adesso che non ci sono 
è un chilometro di parole confuse. 

Via dal mio scudo, 
che di fatto era fatto di sole coperte,
dai sogni con cui ho intasato i cassetti, e dagli stipiti stretti  
delle porte che per quelli come noi non erano mai aperte. 

Via dalle partite infinite di pallone e dalla mia scuola elementare, 
dai tramonti perforati dagli aeri per Linate, dalla ferrovia che ci divide, 
con sopra il treno  
ogni mezz’ora  
per scappare. 

Via perché se vieni da qui  
nessuno ti prende sul serio 
perché tutto questo lo capisce solo  chi si concede davvero: 
La rabbia, il rispetto e il riscatto, 
il cuore aperto di una via chiusa, 
i posti che mi hanno cresciuto 
e il viavai  
che io chiamo casa.

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