É buffo notare come ormai anche i colleghi degli uffici stampa mi contattino non per notizie che riguardano il mondo del giornalismo ma per iniziative (belle, per altro) sul tema dell’Arte Urbana.
É un po’ quello che è successo con Gaia e il DIG Festival, festival internazionale del giornalismo investigativo e del reportage che si tiene a Modena da oggi all’11 ottobre. Sì perché oltre a presentarmi un evento fichissimo (una quattro giorni di proiezioni, incontri, concerti, mostre e momenti di formazione pensati per recuperare il senso e le ragioni profonde di quello che ci accade intorno attraverso la voce narrante di autorevoli giornalisti da tutto il mondo e una miriade di eventi culturali collaterali), Gaia ci ha tenuto a mettere l’accento su un altro elemento della kermesse.
Parlo della mostra che si terrà proprio nei giorni di DIG e che coinvolgerà tre artisti (e una galleria, e un curatore, e una co-curatrice, e il comune di Modena e Laboratorio Aperto) di grande rilievo. Ogni anno, infatti, viene chiesto a un artista tra i “preferiti” di DIG di disegnare il manifesto dell’edizione in corso, dando la propria interpretazione del watchdog, ovvero il cane da guardia della democrazia simbolo negli USA del giornalismo investigativo. E se lo scorso anno è stato Ericailcane, quest’anno è stato invece Gianluigi Toccafondo (ti allego il poster e l’immagine pulita di Toccafondo) ad avere realizzato il suo personalissimo artwork.
E a proposito di Ericailcane, quest’anno durante DIG presso il Laboratorio Aperto di Modena (in via Buon Pastore 43) si terrà la mostra “Hasta ahi les puedo decir – Fin qui ve la posso raccontare”, con disegni e immagini di Ericailcane, Bastardilla e Hitnes. La mostra, a cura di Andrea Losavio e Cinzia Ascari, con il patrocinio del Comune di Modena e in collaborazione con il Laboratorio Aperto e DIG Festival, sarà aperta dal 9 ottobre all’8 novembre, e sarà a ingresso gratuito.
I disegni e le fotografie di Ericailcane, Bastardilla e Hitnes raccontano un’esperienza vissuta direttamente dagli artisti, accompagnati dall’antropologo Marco Tobón, che li ha portati a contatto con le comunità autoctone e con il patrimonio ancestrale trasmesso dalle specie animali e vegetali che regnano in quei territori. Le opere, infine, sono raccolte nel libro “Fin qui ve la posso raccontare” (Modo Infoshop e Galleria D406, 2020).