RECLAIM, la (preveggente) call for artists 2020 di CHEAP

di Clara Amodeo

Non siamo soliti pubblicare le call for artists: pensiamo che siano attività di “back end” che ogni realtà deve promuovere per conto proprio, mentre ci piace sempre (molto) scrivere dei risultati cui queste “chiamate” portano ossia, nella maggior parte dei casi, realizzazioni, progetti e festival di grande interesse. Specie se l’ente in questione è CHEAP.

Ma stavolta, proprio di CHEAP, ci è sembrato giusto divulgare la call for artists 2020, trattandosi di una più ampia riflessione sui mesi assurdi che stiamo vivendo e su come questi stiano cambiando da dentro sensibilità, prospettive, valori e spazi quotidiani, punti su cui anche noi, nell’ambito della nostra attività, stiamo riflettendo da un po’ alla ricerca di soluzioni. In particolar modo, ci troviamo concordi con CHEAP quando dicono: “Crediamo sia importante tornare nelle strade della città per riprendere un discorso pubblico che è stato interrotto: il nostro ruolo è quello di creare lo spazio perché questo avvenga, stimolare una riflessione collettiva per immagini e facilitarne la fruizione”.

Sia chiaro: non si tratta, ovviamente, di una chiamata a trasgredire regole imposte (ma ancora evidentemente necessarie) in questo periodo di chiusura e “fasi”. Si tratta, piuttosto, di una più ampia riflessione su quanto ci sta accadendo da due mesi a questa parte e il tentativo di porre le basi per un’azione che si svilupperà, come ogni call for artists (per altro assai preveggente), nel tempo.

“Era la fine di dicembre 2019. Per le strade di Bologna cominciavano ad apparire una serie di poster che interrogavano direttamente chiunque attraversasse lo spazio pubblico: “a chi appartiene il tuo tempo?”, “chi decide del tuo corpo?”, “hai diritto alla tua città?”, “cosa fai dei tuoi privilegi?”, “torni mai a casa sola di di notte?”. A metà gennaio del 2020, arrivava nelle strade anche una risposta, un’esortazione: RECLAIM, una rivendicazione che tornava sul tema del corpo, del tempo, del diritto alla città, all’autodeterminazione.

Si trattava del lancio della nuova call for artists di CHEAP, il progetto di public art attivo a Bologna, il cui testo iniziava così: “Rivendicare qualcosa che ti è stato tolto. Precluso. Qualcosa che è tuo. Sulla base di un diritto. O di un desiderio.” Nessuno, nemmeno CHEAP, immaginava che nel giro di poco la dimensione di ciò che ci sarebbe stato precluso avrebbe subito un’espansione esponenziale – esponenziale, proprio come la diffusione del virus. Nessuno, soprattutto CHEAP, immaginava che ad esserci precluso sarebbe stato lo spazio pubblico, lo spazio che CHEAP ha scelto di abitare e dove interviene con affissioni di manifesti che veicolano arti visive e linguaggi contemporanei, campagne di comunicazione sociale, promozione di progetti culturali”.

E chi meglio di CHEAP, con i suoi progetti a base di carta, società e impegno militante, è in grado di leggere e interpretare la strada, per ripartire da lei e dal senso che essa, oggi più che mai, riesce ad avere nella nostra quotidianità?

“Sarà solo a giugno che potremo verificare l’esattezza di questa previsione, quando i poster selezionati tra quelli raccolti con la call verranno installati nelle bacheche del centro della città: un migliaio di poster con cui CHEAP ogni anno costruisce un discorso collettivo, una narrazione visiva che si innesta sul panorama urbano di Bologna.

La partecipazione alla call for artists 2020 di CHEAP è gratuita e possibile per chiunque: la dead line è fissata per il 17 maggio, tutte le informazioni sul sito ufficiale www.cheapfestival.it“.

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