Se la dovessimo cronachisticamente definire, diremmo che si tratta di una mostra fotografica sul tema delle migrazioni resa attraverso scatti di street art e graffiti. Ma qui abbiamo a che fare con tre personaggi di grande spessore ed esperienza (Pietro Rivasi, Collettivo FX e Pablo Allison) e con una galleria (Vicolo del Folletto Art Factory a Reggio Emilia) che, pur con un pizzico di follia, ha sempre ben chiari intenti e metodi.
Ecco perché la mostra “Exodus”, che apre domani, domenica 10 novembre alla Vicolo del Folletto Art Factory di Reggio Emilia, va ben oltre la semplice (per quanto necessaria) esposizione di foto: essa si muove tra più piani, quello artistico, quello antropologico e quello politico, restituendo a tutti (anche agli organizzatori) qualcosa di inedito e inaspettato, che è poi anche l’essenza stessa di tutto un movimento artistico che la zona conosce bene.
Per districarmi tra tutti questi fili, ho dunque chiesto aiuto a una delle persone che più rappresentano non solo la mostra, ma anche la zona e questo movimento socio-artistico-politico che da molto tempo ha qui trovato terreno fertile: Collettivo FX.
“Come va? No, anzi, scusa: com andommìa?”, mi chiede dopo che, durante una chiacchierata milanese di un anno fa, ha saputo delle mie origini reggiane. E, col suo metodo perfettamente analitico, attacca. “Un paio di cose da spiegare che sono fondamentali che vanno al di là dell’estetica.
- La mostra nasce da un’idea di Pietro Rivasi e, secondo me, è quella che finora rappresenta in maniera più coerente la sua visione politica della street art e dei graffiti. Tale visione è consapevolezza di che cos’è quel linguaggio ma anche come vive nel contesto della realtà. E questa caratteristica in mostra si sviluppa in due modi:
- da una parte ci sono street e graffiti, che non sono più importanti di tutto il resto: non c’è un pezzo preparato per la mostra ma è tutta ricerca (foto, bozzetti, appunti, scambio di info, sketch di studio). Negli scatti, poi, le vere protagoniste sono le Reggiane, presenti in modo politico: le abbiamo mostrate a Pablo per fargli capire la situazione italiana, dal momento che le Reggiane sono piene di migranti, di adesso e degli anni ’90.
- d’altra parte c’è tutta la documentazione: non c’è nulla di costruito apposta per la mostra, infatti in questi giorni stiamo vedendo come la mostra si stia costruendo attorno a questo materiale e come si stia adattando pienamente e non facilmente a potere presentare un lavoro in strada.
2. La mostra è politica, ma forse è meglio dire che l’attualità è totale protagonista: non si mette in mostra la street art, non si vende arte, ma si sviluppa un argomento di attualità come la migrazione. Si cerca di approfittare di un linguaggio potente, che vive là fuori, per raccontare una realtà di fuori da fuori (e non da una scrivania, non da un palco). Prendiamo le persone che questo argomento lo stanno vivendo e le facciamo incontrare, schiantare: uno (Pablo Allison) che vive tra Messico e America e l’altro (Collettivo FX) che lo studia tra Africa ed Europa, vediamo cosa ne salta fuori. Ci siamo incontrati e abbiamo iniziato a confrontarci non solo parlando ma anche andando a conoscere persone e a vivere esperienze.
Quindi ci sono due spunti: uno è quello che la mostra si adatta completamente al lavoro in strada, e poi anche che l’argomento è la priorità.
Secondo me è una caratteristica di queste zone. Pietro è trascinatore di questa visione e di questo modo di operare, ma dietro c’è anche una galleria che si è presa il rischio di fare una mostra delirante: una galleria che chiama un artista che qui non è conosciuto e che, venendo qui, si inventa qualcosa che non esiste ma in cui la galleria stessa è disposta a credere, investendo tempo e denaro… è una roba avanti e potente. Insomma è una mostra che non solo ha una visione politica ma che rappresenta anche una zona di Italia, Reggio e Modena, che, nonostante tutto, ha ancora una certa attenzione a taluni argomenti.