Terra Promessa, la nuova installazione site specific di Urbansolid a Milano

di Clara Amodeo

Mai come in questo periodo estivo il mare si carica di significati positivi: che si tratti delle distese di ombrelloni di Rimini o del barriera corallina in acque cristalline, l’equazione mare uguale a benessere, felicità, relax sorge spontanea nella testa di noi occidentali viziatelli e tutto sommato benestanti. Ma non sempre, e non per tutti, è così: sono anni, ormai, che il Mediterraneo si tinge di sangue per tutte quelle vite umane che, alla ricerca di una seconda vita, trovano in realtà la morte proprio in mare, proprio nel periodo estivo (lo stesso che “facilita” i trasporti via mare per l’assenza di mareggiate).

È proprio su questo tema che il duo lombardo degli Urbansolid, che ha fatto della scultura urbana la forma espressiva di riferimento, ha imperniato la sua nuova installazione, “Terra Promessa”: la stessa che verrà presentata domani, venerdì 28 giugno dalle 10 alle 19 nel piazzale antistante la stazione Cadorna di Milano. Non un luogo casuale ma, anzi, il palcoscenico urbano perfetto per una scultura assolutamente site specific:

“La stazione – racconta l’amico del suo, Andrea Romano – è stata scelta come location in quanto luogo che rappresenta da sempre il viaggio, la relazione fra luoghi lontani, il movimento di persone che ogni giorno raggiungono il capoluogo lombardo per recarsi a lavoro. L’estetica degli Urbansolid passa attraverso l’accostamento di immagini contrapposte e anche in quest’opera, i contrasti semantici vengono esplicitati dai materiali utilizzati che si evidenziano nel rapporto fra l’oggetto e la sua rappresentazione: il mare”.

E così, “L’acqua diventa maceria, pesante, soffoca e spinge verso il basso esplicitandosi come negazione della vita. Processi di sedimentazione culturale durati secoli vengono messi in discussione dall’opera degli Urbansolid, attraverso la sintesi di un presente che nega la storia del nostro mare Mediterraneo. “Il mare unisce i paesi che separa” diceva il poeta A. Pope”.

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