Ormai lo sapete: quando CHEAP ci si mette, sa sfornare idee tra le più belle sia dal punto di vista estetico sia, soprattutto, per il contenuto delle opere che veicolano impegno sociale, denuncia e attivismo di genere oltre che politico. Rientra appieno in questo ragionamento la sua nuova affissione, Ur-Fascismo, che prende spunto dall’omonima conferenza tenuta da Umberto Eco nel 1995 alla Columbia University: 14 tratti riccorenti tipici della (a)cultura fascista, 14 dimostrazioni che, nonostante cambino le condizioni storiche e materiali, il fascismo continua a manifestarsi con gli stessi caratteri. Il tutto spiegato nel prefisso “Ur”, che viene preso in prestito dal tedesco e che può essere tradotto in italiano con “antichissimo” od “originale”, per traslazione “perenne”: nella conferenza, infatti, Eco esplicitava un’idea di fascismo che è prima di qualsiasi cosa un fatto di cultura, “un modo di pensare e di sentire, una serie di abitudini culturali, una nebulosa di istinti oscuri e insondabili pulsioni”.
Quello che ne ha fatto CHEAP è quindi una rilettura della lezione del professore a confronto con il presente sociale e culturale del Paese, “rilettura – dicono gli organizzatori – che lascia a tratti esterrefatti per quanto risulta attuale e calzante l’analisi di Eco a distanza di più di 20 anni dalla sua enunciazione”. Per farlo, CHEAP ha preso 10 di questi tratti e li ha dati “in pasto” a Squaz, fumettista e illustratore del progetto Stigma. Ne sono usciti altrettanti poster che sono stati affissi su 25 bacheche in via dell’Indipendenza, la strada più centrale di Bologna: “10 tavole caustiche – spiegano da CHEAP – dal tratto netto e tagliente, caratterizzate da una bicromia fatta di campi di colore piatto, dove la costruzione delle immagini risulta essere una perfetta sintesi delle parole di Eco a confronto col presente del Paese”.
Come sempre, ho avuto modo di chiacchierare per progetto con chi, nel gruppo di CHEAP, l’ha pensato: la prode e inimitabile Sara Manfredi. È stata lei che, nel corso di una mail fiume sui prossimi progetti di CHEAP, mi ha presentato anche quello di Ur-Fascismo, suscitando in me una comprensibile curiosità. Le ho quindi rivolto qualche domanda, partendo dalla Call for Artist da poco uscita e dal titolo (che la tocca piano) “SABOTAGE”.
Per prima cosa mi piacerebbe capire (anche se un po’ lo immagino) con quali connessioni logiche hai legato la Call for Artist SABOTAGE con il bellissimo testo di Eco
Nonostante l’immaginario rimandi a pratiche tipiche della Street Art come l’Adbusting o il Detournement, nonostante sia con ogni evidenza immanente la connotazione politica di un sabotaggio come tecnica di resistenza, la call veicola una delle grandi eredità di Eco: l’invito alla guerrilla semiologica. Questo è stato l’accidente che ci ha fatto rileggere Eco: a fianco di testi più classici si semiotica poststrutturalista, c’era anche questa conferenza del 1995 tenuta alla Columbia University, in cui esplicitava un’idea di fascismo che è prima di qualsiasi cosa un fatto ci cultura, “un modo di pensare e di sentire, una serie di abitudini culturali, una nebulosa di istinti oscuri e insondabili pulsioni”. Nello stesso testo, Eco delinea una serie di caratteristiche di questo Ur-Fascismo o fascismo eterno: leggerle oggi è stato un esercizio agghiacciante perché drammaticamente attuali, a riprova della tesi del professore e cioè che nonstante cambino le condizioni storiche e materiali, una cultura fascista continua a manifestarsi con gli stessi caratteri.
Quali sono i 10 punti della trattazione di Eco su cui avete focalizzato la vostra attenzione e perché?
Eco parte dal CULTO DELLA TRADIZIONE che contraddistingue l’Ur-Fascismo, un sincretismo contraddittorio che rifiuta ogni avanzamento di sapere. Prosegue con un’analisi del CULTO dell’AZIONE per l’AZIONE, ovvero l’atteggiamento che vede nell’azione una forma di bellezza aprioristica, che suggerisce in qualche modo che l’azione vada performata prima di e senza una qualunque riflessione. Scrive Eco che lo stesso atteggiamento identifica il “pensare come una forma di evirazione” e di conseguenza la “cultura è sospetta nella misura in cui viene identificata con atteggiamenti critici”. Da qui arriviamo ad una nuova caratteristica che Eco indica come il RIFIUTO DI OGNI CRITICA ANALITICA. Se per la il pensiero moderno e la comunità scientifica il disaccordo è palesemente uno strumento di avanzamento della conoscenza, per l’Ur- Fascismo “il disaccordo è tradimento”: in questo senso l’ostilità alla critica si trasforma in paura differenza ed arriva a magnificare l’OSSESSIONE COMPLOTTISTA e il ricorso a COLPEVOLI ESTERNI. Nel ricondurre l’Ur-Fascismo ad una frustrazione individuale o sociale, Eco procede con l’individuazione di altri caratteri fondamentali: l’appello ad una CLASSE SOCIALE FRUSTRATA, ad esempio provata da una crisi economica; il NAZIONALISMO, come frutto dell’unico privilegio che un gruppo senza identità sociale può rivendicare, cioè quello di essere nat* nello stesso paese e a cui si lega anche una forma di ELITISMO popolare DI MASSA; il ricorso ad un presunto PERICOLO PERMANENTE, ad uno stato di agitazione contro il “nemico” esterno. Ancora, Eco ribadisce come non ci sia fascismo privo di SESSISMO contro le donne e contro chiunque non aderisca all’eterosessualità obbligatoria: per Eco il machismo nasce quando l’Ur-Fascista “trasferisce la sua volontà di potenza su questioni sessuali”. Per finire, Eco descrive l’ESALTAZIONE della VOLONTA’ POPOLARE tipica dell’Ur-Fascismo facendo riferimento ad un populismo qualitativo che prevede (la conferenza è del 1995) sarà legato alla tv e a internet, “in cui la risposta emotiva di un gruppo selezionato di cittadini può venire presentata e accettata come la voce del popolo”.
Come mai avete pensato a Squaz per la resa in immagini e qual è il significato della sua scelta stilistica?
Il tema non è neutro, per usare un eufemismo. Quindi abbiamo pensato a qualcun* che avrebbe saputo rendere visivamente e con mano ferma questa conflittualità. E il nome di Squaz è venuto fuori immediatamente. Perché ha la capacità di problematizzare questioni politiche complesse. Perché lo sentiamo molto vicino per sensibilità e per sguardo sulle cose. Perché sia per CHEAP che per Squaz usano l’aggettivo radicale. E il progetto gli è piaciuto immediatamente. Si è messo al lavoro e ha tirato fuori 10 tavole caustiche: tratto netto e quasi tagliente, una bicromia fatta di campi di colore piatto, la costruzione di immagini che riescono a fare sintesi delle parole di Eco e del presente del paese.
Ah beh, ultimo ma non meno importante punto: credi che un’azione così forte produrrà qualche reazione politica?
Posso dire con una certa serenità che di reazioni al nostro lavoro ce ne sono spesso state, anche di poco composte. CHEAP non cerca una provocazione, perché ci sembra un esercizio fine a se stesso e se c’è una cosa di cui non sentiamo il desiderio è proprio la dinamica da baraccone mediatico ad uso partitico. Preferisco pensare a CHEAP come ad un soggetto che a volte riesce ad essere un agitatore culturale o nei suoi momenti migliori una facilitatore della guerrilla semiologica. Se poi penso alla scelta di lavorare su Eco oggi, mi viene almeno da sorrider. In un momento in cui il Paese pare essere in balia di una pulsione vendicativa contro le competenze e lo studio che si manifesta spesso col bullismo da tastiera, noi usciamo in un luogo fisico come la strada con un intervento ispirato da una conferenza di Eco, cioè di uno che è stato il precursore del superamento dei limiti della semiotica strutturalista, ha scritto “Il nome della rosa” e in riferimento ai social network ha dichiarato con la consueta verve “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli”. Mi sento di dire che è quantomeno una scelta in leggera controtendenza. E forse proprio per questo ci è sembrata necessaria.
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