Come spesso succede in quella che ormai considero una famiglia, Question Mark, la notizia mi è arrivata direttamente dall’artista: “Ciao Clara! Sett prossima sono a Milano ;)”. Lui è Carlos Atoche, artista classe 1984, che dal 23 febbraio al 9 marzo esporrà proprio alla Question Mark di Milano nella sua personale “Sognatori di Notte”.
Definito da Question Mark stessa “un melting pot di culture” poiché nato da madre argentina e da padre peruviano e ormai romano a tutti gli effetti, ho sempre conosciuto Carlos “a distanza”, avendo seguito il suo lavoro attraverso letture e studi ed essendoci sempre sentiti in chat o al telefono. Per questo l’occasione offerta da Question Mark rappresenta un modo per incontrarci, oltre che per vedere il corpus di opere che verranno qui esposte fino a marzo. Opere che si rifanno tutte al tema della notte e a quello che questa condizione di assenza/presenza ha causato nell’uomo: ricerca, studio, interesse, curiosità, ma anche paura, timore, soggezione e quasi reverenza. “Proprio come succede a me – mi racconta Carlos – che uso la notte per creare” (e non è un caso che quando ci sentiamo sono le 23 di un giorno in settimana).
Il tutto reso con uno stile onirico ma coi piedi ben saldi per terra, a scrutare nel cielo tutto quello che questo restituisce all’uomo quando il sole tramonta per lasciare spazio alla luna. “Si tratta di una serie di opere in linografia – continua Carlos – che ho realizzato nel corso di 10 anni: quelle esposte in Question Mark saranno 8 e avranno la peculiarità di essere per la maggior parte monotipi. Li unisce il tema della notte, della creatività e delle stelle”.
“La sua ricerca intimistica – dicono da Question Mark – si traduce in pensieri quotidiani e interrogativi travestiti da elementi figurativi. Come uno sciamano che collega il mondo fisico a quello metafisico, l’artista cerca di stabilire una profonda connessione tra il suo desiderio di comunicare e i destinatari del suo messaggio, nella speranza di riuscire nella difficile missione di “umanizzare” maggiormente gli individui, risvegliando le coscienze e rendendo tutti più consapevoli della propria essenza creativa”.
Complice in questa sua attività è una vera e propria vocazione all’arte, che l’artista ha sempre portato con sé fin da piccolo, quando “rimaneva per lungo tempo ad osservare l’attività di scultore del padre, specializzato nella produzione di maschere di legno”. L’Accademia di Belle Arti a Roma e la pittura in strada hanno fatto tutto il resto: quest’ultima, “cambia totalmente la sua percezione, la connessione che si instaura tra l’arte e il luogo in cui si realizza è indissolubile così come il rapporto tra artista e passanti”.
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