La proposta di modifica dell’articolo 639 del codice penale approda alla Camera dei deputati

di Clara Amodeo

Derubricare il reato di imbrattamento da delitto (qual è adesso) a semplice contravvenzione. È questa la proposta di legge che, in queste ore, viene presentata presso la sala stampa di Montecitorio al fine di modificare l’articolo 639 del codice penale in materia di deturpamento e imbrattamento delle cose altrui. Una proposta che viene da lontano, e non dopo una serie di controversie ed eventi che, nel tempo, hanno visti protagonisti writer e street artist di tutto lo Stivale in quello che potremmo definire un vero e proprio “pasticciaccio” in salsa italica.

E contro il quale da tempo si spendono diversi attori in gioco, quali il collettivo di artisti Wiola Viola e l’avvocato (e street artist) Domenico Melillo, in arte Frode. “Lavoro a questo progetto – mi dice quest’ultimo – sin dalla prima assoluzione di un writer. Di certo, la mia idea si è rafforzata dopo il fatto della Cassazione, momento di svolta a seguito del quale ho cercato di divulgare la tesi prima a livello teorico e poi con il collettivo Wiola, assieme anche al giornalista e scrittore Andrea Cegna”.

E proprio loro, assieme a Erasmo Palazzotto, deputato SI/LeU e primo firmatario della proposta di legge, sono in queste ore a Roma per presentare l’epilogo (o, forse, un vero e proprio inizio) di quanto studiato, teorizzato e manifestato fino a ora. “Con la proposta di derubricazione del reato di imbrattamento – continua a dirmi Domenico – si andrebbe anche a  togliere la detenzione dalle pene previste, mettendo al posto delle multe un’ammenda e passando la competenza della causa dal Tribunale al Giudice di Pace. Togliendo poi la procedibilità d’ufficio faremmo in modo che non tutti procedano a tutto spiano indipendentemente dal volere dei privati e, qualora ci sia un danno, ci sarebbe l’opportunità di trovare un accordo direttamente tra privati”.

Ma di che tempistiche parliamo? “Non ci sono tempistiche – mi risponde Domenico – il periodo politico che stiamo vivendo è molto difficile e di certo non aiuta. L’obiettivo che oggi vogliamo raggiungere è dunque quello di amplificare il più possibile la notizia: la cosa è nata da vicende meramente locali (come la battaglia etica che, soprattutto a Milano, si sta combattendo tra pubblica amministrazione e writer), ma deve avere un’amplificazione nazionale. Deve essere chiaro, insomma, che adesso c’è una legge che non fa altro che sopperire a un vuoto lasciato dalla politica”.

Gli fa eco il comunicato diramato dall’ufficio stampa del gruppo parlamentare LeU: “Il fenomeno della scrittura sui muri – vi si legge – è antico come la storia dell’umanità e oggi conosce un’estensione planetaria e numerosissime forme lecite di divulgazione. Se “l’arte e le scritte sui muri” sono state un tratto distintivo fondamentale della produzione centenaria di cultura ed arte, negli ultimi anni è stata, invece, quasi sempre accostata a forme d’imbrattamento e vandalismo.

Se da un lato, quindi, la deriva illegale del fenomeno costituisce un problema di lesione al principio assoluto della proprietà privata, dall’altro pare difficilmente inquadrabile quale reato vero e proprio la realizzazione di un’opera d’arte ben studiata su un muro periferico o abbandonato. Incredibilmente il numero dei processi penali attualmente è esteso a chiunque tracci un segno umano su di un muro, anche a una serie indefinita di artisti con curriculum significativi alle spalle. Così assistiamo a dei processi penali a carico di chi ha regalato qualcosa di bello e significativo alle nostre città, tramite il recupero e valorizzazione di non-luoghi metropolitani”.

Mentre il collettivo Wiola Viola esprima la sua su Facebook: “Lo scorso anno avevo coinvolto amici e amiche per dire assieme a me che il carcere è abomonio e forma tribale per punire chi decide di usare i muri per comunicare, scrivere, sognare. No, non ho mai detto che a tutte e tutti deve piacere il tratto segnato su un muro. Non ho mai negato che una tag, una scritta o un disegno posso infastidire. Come a me infastidiscono i muri in tinta unica. Mi infastidiscono gli spazi abbandonati nel nome della speculazione e del profitto. E soprattutto mi infastidisce l’arroganza di chi deve imporre un unica idea di mondo giusto, corretto e legale. No. Io la vedo un pò più variegata, e se nessuno fa la guerra a me e ai miei amici e alle mie amiche, e non si riempie la bocca della parola carcere, sono pronta a trovare una soluzione al fastidio, a mediare, a parlare. Ma ora non si riesce. Il rancore è forma di governo e di non mediazione. Come è sempre stato. Io dipingo, tu imbianchi, e nel rispetto della noia reciproco si trova l’equilibrio. Se no tocca difendersi e continuare a colorare il mondo.

Se lo scorso anno chiedevo di supportarmi nella lotta contro il carcere per chi usa i muri per comunicare, poco più di un anno dopo mi preparo ad andare alla Camera dei Deputati perchè alcune persone mi hanno dato tanto retta da aver scritto la riforma di legge dell’art 639. Un deputato Erasmo Palazzotto ha deciso di renderla proposta di riforma di legge. E oggi presentiamo il tutto. Non certo atto rivoluzionario in un momento come questo. Ma un briciolo di civiltà. Perchè se tutto va a rotoli e le macerie sociali sono il tessuto su cui muoviamo i nostri passi è compito di ognuno e ognuna di noi fare i pezzettini, raccogliere le briciole, e lottare per cambiare anche il metro quadrato di macerie che ha attorno. Anche perchè ad oggi non ci sono in campo percorsi rivoluzionari, nel nostro paese.”

 

E noi di Another Scratch In The Wall non possiamo che essere con loro, esprimendo il nostro pieno supporto all’avvocato Domenico Melillo, al collettivo Wiola Viola e ad Andrea Cegna.

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