Key Gallery incontra KayOne per ripercorrere la storia dei puppet

di Clara Amodeo

Approdiamo oggi a un nuovo appuntamento con gli artisti che, all’Affordable Art Fair appena conclusa, hanno partecipato alla rassegna Urban Connection della Key Gallery. Chi vi viene in mente se dico vecchia scuola milanese?

Tra i tanti che si possono annoverare tra i veri precursori dell’Hip Hop a Milano a partire dalla prima metà degli anni Ottanta non può che esserci lui, l’autore di una serie di libri imperdibili su questa e tante altre storie, uno di quello che, per primi, hanno scritto (e poi riscritto) le basi di un intero movimenti non solo meneghino ma anche italiano: KayOne. Alla mostra Kay ha portato i suoi puppet, simbolo distintivo in un’epoca in cui la lettera era tutto.

In effetti, quando si parla di Graffiti Writing, la questione dell’utilizzo dei character non è così immediata. Eppure hanno fatto la storia anche loro!

Se nel Writing viene prima il lettering, i puppet arrivano negli anni Ottanta assieme a tutta la deriva pop, legata a Walt Disney e non solo: molti writer non avevano una preparazione accademica, erano bravi writer ma non erano disegnatori e quindi veniva loro comodo prendere certi riferimenti (quali, appunto, quelli pop di Walt Disney) e riprodurli. Nel tempo quello dei puppet diventa un anche modo per rendere le lettere più piacevoli, ma anche per rendere il Writing più peculiare. Poi, a un certo punto, si è deciso di dare maggiore importanza alla parte più illustrativa e scenografica del lettering, staccandosi completamente dalla radice del Writing e facendo davvero dell’altro.

Come definiresti la tua “relazione” coi puppet?

Dal canto mio ho sempre affiancato i characters alle lettere ed è questo un tratto che mi contraddistingue, a Milano e non solo. Nel tempo poi ci ho lavorato e quelli che, per esempio, ho portato a Urban Connection, qui ad Affordable Art Fair, assieme alla Key Gallery, sono il risultato di una ricerca maturata in un verto periodo di tempo: solo attraverso tale ricerca sono arrivato a una sintesi di geometrie che mirano, tuttavia, ad avere sempre al centro il cuore del “lavorio” dell’Hip Hop, ossia un particolare stile e un particolare flavour.

Ma quindi diciamocelo: i puppet non hanno nulla a che fare con la Street Art…

Diciamo che ho sempre fatto puppet che fossero un riflesso della cultura Hip Hop, non ho mai fatto illustrazione e, anzi, anche i puppet che espongo qui portano con sé tutte le classiche espressioni dell’Hip Hop tra pittura, rap, musica e ballo. Insomma, non ho mai voluto portare il mio puppet al punto in cui si trasformasse in illustrazione.

Leggi anche:

Lascia un commento