Viaggio a Christiania, la Città Libera di Copenaghen

di anotherscratchinthewall

Se è vero che la prima impressione è quella che conta, la mia prima impressione l’hanno fatta quattro signori al bar: quasi tutti tra i 60 e i 70 anni, uomini e donne dai capelli grigi e dai volti asciutti, i quattro amici, seduti su un tavolino per strada, tenevano in una mano un succo di frutta e nell’altra un’enorme joint accesa che emanava un profumo meraviglioso. Io e il mio compagno di viaggio ci siamo guardati e ci siamo detti “Bella, siamo a Christiania”.

Qualora ci fosse bisogno di qualche presentazione, beh, eccola: città libera autoproclamata, comunità collettiva di hippie, esperimento sociale di convivenza pacifica e autoregolamentata, Christiania venne fondata nel 1971, quando un gruppo di squatter e hippie occupò una base navale dismessa alle porte della capitale danese, nel quartiere di Christianshavn, costituita da edifici militari abbandonati. Da quel momento la storia di Christiania diventa una pietra miliare del movimento, un esempio più unico che raro di convivenza comunitaria autogestita e autoregolmanetata in uno Stato di diritto (con tutti i casini del caso),  che fonda il senso stesso della sua esistenza sull’autodeterminazione e sulla proprietà collettiva.

Nel tempo i residenti del borgo sono prima riusciti a fare riconoscere Christiania al Governo danese come suolo autogestito e poi, nel 2011, ad acquistare gli edifici storici di proprietà del Comune attraverso la creazione di una fondazione, che ha conferito loro maggiore libertà esecutiva. In tutti questi anni Christiania ha dato vita a più di cinquanta collettivi diversi che esercitano attività artigianali, culturali e teatrali, ha aperto il suo asilo, la panetteria, la sauna, la fabbrica di biciclette (quelle a tre ruote, le più famose della danimarca), la tipografia, la radio libera, laboratori di restauro, il cinema, diversi bar, ristoranti, luoghi di spettacolo, le poste, il primo soccorso e le ludoteche.

Un lavoro immane, se non fosse stato per i diversi organi di governo della città, come l’Assemblea comune, la commissione economica, quella delle case: un sistema legislativo fai-da-te, che, attraverso l’esperienza comunitaria, ha permesso ai cittadini di condividere la scelta di pagare le tasse al Comune di Copenhagen e allo Stato danese e di sobbarcarsi i costi del consumo di elettricità, acqua, cura dei giardini, raccolta rifiuti e uffici pubblici.

E che dire dell’erba che i quattro arzilli signori fumavano non molto lontano dalle rive del fiume? Beh, basti dire che Christiania è oggi rinomata per la sua via principale, Pusher Street, dove l’hashish e le droghe leggere vengono venduti in piccoli chioschi e dove le droghe pesanti sono assolutamente bandite. Tuttavia, specie negli ultimi anni, la convivenza tra gli storici residenti del posto e i pusher non è stata facile: nel 2016, per esempio, esasperati dalle continue tensioni con la polizia, gli abitanti di Christiania in prima persona hanno smantellato i chioschi di Pusher Street, cercando di allontanare definitivamente i venditori.

Un’operazione non riuscita, almeno non nel 2018, dove un’innocente turista a caccia di murales ha estratto il suo telefono per fotografare un muro e le è stato intimato di rimetterlo immediatamente in tasca solo perché nei paraggi c’erano i famosi chioschi di cui sopra. Parole che non mi hanno certo impedito di rivolgere l’obiettivo della mia camera verso altri muri, come per esempio quelli delle casermette e dei magazzini abbandonati di Bådsmandsstræde, o del mercato Carl Madsens Plads, o del Musikloppen o, ancora, dell’ingresso principale su Prinsessegade. Qui Graffiti, Street Art e Calligrafia si fondono alla perfezione, senza darsi fastidio ma solo riempiendo di ulteriore significato un posto che, altrimenti, ne uscirebbe spoglio (e, ammettiamolo, meno affascinante). A contribuire a questo compito ci sono anche le tag di alcuni tra street artist e writer italiani, come Zed1 e Coze.

 

 

 

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