Tutto sommato ti senti un po’ stranito quando, su quella murata cieca che corre lungo la strada che percorri tutti i giorni per andare a lavorare, una mattina sbuca un oblò. O una porta. O entrambi. O quando, nuotando, avvisti su uno scoglio in mezzo al mare una finestra dalle gelosie verdi. Così, a metà tra l’incredulo e il curioso, ti avvicini, fai per abbassare la maniglia e scopri che tutto quello che stai vedendo è in realtà un poster. Con tanto di marchio di fabbrica: “Sbagliato”. Sono loro, gruppo formato da tre fra architetti e designer che si divertono a disorientare i passanti con la loro poster art un po’ lazzarona, a inaugurare oggi, venerdì 14 ottobre, la personale “Vertigine”, fino al 13 novembre alla Galleria Varsi di Roma.
Un titolo evocativo per una mostra che vuole essere il proseguimento della ricerca di Sbagliato sulla distorsione della percezione nello spazio pubblico. A essere indagato, questa volta, è infatti l’elemento architettonico simbolo dell’ascensione: la scala, in relazione allo spazio e agli individui. Attraverso la realizzazione di una grande installazione labirintica (la riproduzione della tromba di una scala rovesciata di 90 gradi) e con una serie di disegni e opere fotografiche, Sbagliato stravolge dunque gli spazi della Galleria Varsi, infrangendo le leggi della prospettiva e avvicinando lo spettatore all’esperienza del vuoto. Con tutto quello che ne consegue, tra istinti, riflessi e perché no? Vertigini.
Ma provocare questo genere di sentimenti nello spettatore è il vero obiettivo di Sbagliato: almeno dal 2011, da quando cioè il gruppo si forma a Roma con l’intento di creare “eterotopie” (come il titolo della mostra del dicembre scorso al Palazzo Fazzari di Catanzaro) e aprire luoghi (di carta) su altri luoghi (di muratura, pietra, legno o ferro). “L’essere arrivati ad applicare elementi architettonici fotografati, stampati a dimensioni reali, e infine attaccati in giro per la città – raccontano i tre – è successo in pochissimo tempo. Una volta visti i primi risultati ci siamo sempre più resi conto dei molteplici aspetti della tecnica pasteup. La scelta degli elementi architettonici, poi, ci ha permesso di non utilizzare immagini di soggetti o figure che si vanno ad appoggiare sul tessuto urbano. Noi proviamo a entrarci dentro, per poi modificarlo, creando percezioni alterate. Ma non riteniamo che sia necessario prolungarle nel tempo, anzi vogliamo che rimanga un elemento visivo temporaneo. Il nostro lavoro, come appare in poco tempo, può scomparire altrettanto rapidamente”.
Proprio come le sensazioni che i loro lavori suscitano, proprio come la vertigine: “La scala, protagonista della mostra – proseguono – è uno degli elementi più iconici in architettura La sua funzione per eccellenza è portare in alto chi la percorre, desiderio che deriva da un istinto primordiale. La voglia di elevarsi ha un limite però, non uguale per tutti. Quando proviamo la sensazione di vertigine tutto si annebbia, le gambe tremano e l’istinto dice di fermarsi, di arretrare. In quel frangente abbiamo la vera percezione del vuoto. Ogni riflesso incondizionato ci porta ad afferrare qualsiasi cosa, pur di far cessare quel malessere. Ci hanno sempre affascinato questi stati di coscienza: la mostra si sofferma sulle nostre paure e prova a rallentarle per poterle studiare meglio”.